Mi sveglio di colpo con un gran rumore in coperta, qualche cosa o qualcuno stava battendo forte qualche cosa sul tetto della barca, mi vesto al volo ed esco, Piero era già di nuovo al timone… la barca volava di nuovo sull’acqua… Fortissimo, di nuovo 11 nodi.
Diario del facente funzioni di Capitano, data stellare -307462.0 non sono capitano o meglio ho la patente nautica per comando di imbarcazioni da diporto, quindi sono anch’io nel mio piccolo comandante :), ma inizierò e scrivere così in onore del Capitano Astronauta Samantha Cristoforetti, una donna, anche lei appassionata di navigazione e di Star Trek ora a bordo della ISS alla quale penso spesso durante i turni di notte. Lo dedico anche a tutte le donne e CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE, questione che mi ha dato da pensare parecchio durante questi primi di preparazione al trasferimento, violenza, che non finirò mai di denunciare e verso la quale non farò mai orecchie da mercante.
Praticamente avevamo di nuovo il vento al gran lasco, ma Piero aveva regolato da poco le vele mettendo di nuovo due mani di terzaroli e riducendo il fiocco che si bloccava nell’avvolgimento, situazione che da lì a poco sarebbe potuta diventare pericolosa, mi fa la solita domanda, se volessi timonare. Certo che voglio timonare ed in quelle situazioni è una bellissima esperienza, ma la vera esperienza sarebbe successa da lì ad un ora, davanti al porto di Reggio Calabria.
Abbiamo risalito costeggiando la costa della Calabria appunto fino al suo capoluogo, quello che mi fa specie è la quantità di luci sulla costa calabrese e parsimonia di luminarie sulla costa siciliana. Risaliamo verso lo stretto, la barca è veloce ed il fragore dell’opera morta che fa frizione con l’acqua è altrettanto alto del risucchio della scia che produciamo, arriviamo quasi in vista del porto. Piero mi dice che dobbiamo avvolgere il fiocco, ovviamente proviamo ad avvolgerlo, ma niente, sempre lo stesso problema, il tamburo in testa d’albero non deve funzionare bene e non fa avvolgere su se stesso, sullo strallo di prua, il fiocco per cui bisogna fare in altro modo.
Dapprima Piero mi dice di andare a prua, repentinamente però cambia idea e mi dice di stare al timone, scatta a prua saltellando tra gli attacchi delle sartie con le lande sul ponte ed i carrelli del fiocco, arriva a prua e si inginocchia al pulpito, mi urla qualche cosa, ma non lo sento, sento solo un gran casino di vento e spruzzi che mi arrivano addosso, urla più forte e dice di stare attento a mettere la barca di bolina, ovviamente a quel punto, la barca prende ancora più velocità e si imbarda maggiormente. La situazione si intesisce ed anche parecchio. Quando una persona, il tuo mentore, si mette nel tue mani, rischiando di essere sbalzato fuori dalla prua direttamente in acqua, sinceramente l’adrenalina la senti po apre decisamente nelle vene e ti svegli per forza, a meno che tu non sia un inabile alla vita, quindi il tue cervello reagisce velocemente e cerchi tutte le soluzioni del caso per evitare che il tuo compagno si faccia male.
Piero torna indietro nel pozzetto e libera la drizza del fiocco che sei era imbrogliata negli stopper, capisco ora che sta cercando di ammainarlo da solo, io sono impotente dietro al timone, ma d’altronde se mollassi solo che per un attimo il timone rischierei di far sbandare ulteriormente la barca e basterebbe un onda presa male che lui finirebbe in acqua, anche se collegato con la linea vita alla cintura di sicurezza, non sarebbe un bel quel, come dicono a Bologna.
Finalmente Piero riesce ad ammainare il fiocco, io devo fare due giri su me stesso con la barca e tentare di mantenere la prua in un determinato modo per dare la possibilità al fiocco di non finire in acqua ed al tempo stesso di restare leggermente al vento. Dopo di che ammainiamo anche la randa, in maniera più agevole, ma sempre stando al vento, il tutto cercando di evitare anche la palata del porto di Reggio Calabria, finito tutto questo esercizio, Piero si siede a fianco al timone in pozzetto ed io gli dico che queste non sono manovre da tutti i giorni e lui aggiunge ridendo che sono manovre che succedono una volta nella vita.
Porto la barca ancora per un po’ di metri poi Piero prende il timone ed iniziamo la manovra di atterraggio al porto di Reggio, approntiamo i parabordi sulla mura di dritta ed entriamo in darsena e ci accostiamo ad una palata alta dove dall’altra parte sono ormeggiate le navi della capitaneria di porto, tra l’altro ci sono anche le colonnine aperte, io faccio un salto all’in su e tendo la cima da prua verso la bitta, stesa cosa fa l’armatore con quella di poppa.
Sono le 3 di notte, siamo stanchi e vogliamo solo dormire, mentre già stavamo attraccando scorgo dall’altra parte una figura tondeggiante osservarci dall’altra parte del molo, capisco che presto o tardi quel losco individuo ci porterà non più di tanto guai, faccio finta di niente e lo ignoro, stessa cosa fa l’armatore…il losco figuro, fa tutto io giro, lo vedo salire da lontano su di un camion e arriva da noi, scende e con fare impacciato, tentanto di fare l’autoritario ci informa che non possiamo stare ormeggiati a quella banchina, noi gli rispondiamo che vogliamo fare carburante al distributore e che aspetteremo le 6 li ormeggiati a 10 metri, lui insiste con il dirci che dobbiamo andare in marina, noi insistiamo che per così poco tempo non vogliamo andare in marina, al che adduce che la capitaneria ha mandato proprio lui ad investigare il nostro intento è che se avevamo intenzione di restare o dovevamo andare in marina o dovevamo uscire ed ancorarci fuori, ovviamente noi non abbiamo creduto ad una parola del ragazzo tondo tondo, gli abbiamo più volte, sorridendo, ribadito che avremmo passato la notte li è che non c’era problema alcuno, a quel punto visto la nostra riluttanza a qualsiasi forma di inganno o di pressione, ci chiede se siamo in sicurezza e conviene con noi, che si per qualche ora potevamo restare ormeggiati, finalmente ci imbustiamo nei nostri sacchi a pelo e dormiamo fino alle 7.
Svegliati facciamo gasolio, l’armatore e Piero vanno a fare un giro per Reggio a comperare pane e brioche, tornano e smontiamo il fiocco che avevamo ammainato prima di entrare in porto e montiamo un fiocco più leggero, dopo di che ci prepariamo e prendiamo il largo, per affrontare Scilla e Cariddi e superare lo stretto di Messina… Quando si fa lo stretto di Messina bisogna stare sempre molto attenti a tutte le imbarcazioni e navi che lo percorrono, sopratutto ai traghetti che trasportano automobili treni o semplici turisti da una parte all’altra delle coste. Anche se si ha la precedenza è meglio non tagliare mai la strada ai traghetti e cedergli di buon grado il passo. Appena superato la linea dei due piloni rossi e bianchi, che non mi sono mai spiegato a cosa servano messi lì così, altro vento e via andiamo a manetta, stesso problema con il fiocco più piccolo che cerchiamo di svolgere facendolo fileggiare di bolina larga, dopo di che finalmente ci mettiamo con il vento in poppa e via per le isole dell’amore, le Eolie, ho timonato quasi per un ora, dopo di che abbiamo inserito il pilota e ci siamo tutti sdraiati chi a leggere chi a prendere il sole, chi a bere una birra al sole, ci stavamo per addormentare tutti quanti. Mi sono alzato, ho poggiato la mia birra e sono passato accanto anPiero che stava sonnecchiando sulla panca sopra vento nel pozzetto con accanto il suo librone grosso, per fortuna che ho fatto attenzione all’ultimo a dove mettevo i piedi perché gli stavo per frantumare gli occhiali rossi da vista, mi ha chiesto di fare un caffè per tutti è così sono sceso in coperta ed ho messo su la moka. Moka che mi si sarebbe ripresentata come una anfetamina nel turno di notte perché ne ho bevuto un mezzo bicchiere dopo 2 ore. Addormentarsi in barca è molto rischioso, per fortuna che mi sono alzato io, anche Piero era in dormiveglia, ma bisogna prorpio stare attenti perché se ci si addormenta, si rischia di fare dei gran bussi in barca o di arenarsi contro qualche secca alla meglio o schiantarsi contro qualche scoglio.
Siamo anche riusciti a fare una bella navigazione con quello che si dice andatura a farfalla, ovvero mettere il fiocco da una parte e la randa dall’altra, con il vento a fil di ruota, cioè stando sempre molto attenti a non perdere il vento in poppa, altrimenti o la randa o il fiocco si sgonfiano e se si tratta della randa, il boma passa di colpo da una mura all’altra prendendo tutto quello che trova, normalmente crani umani… Oltre al fatto che le attrezzature dell’albero si danneggiano. Per fortuna che mi sono alzato e sono andato a prendere il telefono perché eravamo in vista di Stromboli, così Piero che anche lui stava mezzo sonnecchiando sulla panca sopra vento mi ha chiesto di fare un caffè e così ci siamo un po’ tutti ripresi.
C’è stato il momento silenzio, al tramonto del sole, dove tutti e tre abbiamo fatto le nostre foto chi al tramonto, chi a Stromboli, chi alle varie isole, dopo di che Piero al solito ha fatto da mangiare per tutti e alle 22 abbiamo iniziato i turni di guardia, durante una serata calma, che sinceramente non presagiva niente di buono, anche se guardando le previsioni non c’era molto da temere, ma sapevamo che sulla Sardegna e su Napoli si stava abbattendo una bufera pesissima. Mentre mangiavamo abbiamo ascoltato un Pan Pan per radio, ma non abbiamo capito capito più di tanto perché c’erano molte interferenze causa un temporale molto esteso su Napoli di cui noi vedevamo i bagliori in lontananza, la serata è andata tranquilla con una luna che illuminava la mia lettura del libro “La line d’ombra” di Conrad, anche se ero sempre un po’ in apprensione, vuoi per il racconto che stavo leggendo che volgeva verso la pazzia dell’equipaggio, vuoi perché laggiù in lontananza lampava parecchio…