Il progetto comunale di demolizione
Alla fine degli anni Settanta il Comune di Riccione mise seriamente in discussione la sopravvivenza della storica Villa Mussolini (all’epoca nota come Villa Margherita). Nel 1979 la giunta comunale guidata dal sindaco comunista Terzo Pierani deliberò l’idea di demolire la villa – simbolicamente “la casa del dittatore” – per trasformarne l’area in un parco pubblico (Villa Mussolini – Wikipedia). Il piano prevedeva uno stanziamento di circa 199 milioni di lire, di cui 92 milioni come indennizzo ai proprietari dell’epoca (Villa Mussolini – Wikipedia). Le motivazioni erano in parte ideologiche (rimuovere un edificio legato a Benito Mussolini) e in parte urbanistiche, per creare uno spazio verde fruibile dalla cittadinanza. La volontà politica era tale che «fosse stato per il Partito Comunista, la villa sarebbe stata demolita», ricordano in seguito alcuni esponenti locali. Lo stesso ex sindaco Pierani, anni dopo, ammise retrospettivamente il suo orientamento radicale: “a suo tempo [avrebbe] demolito tutto” (Riccione, la villa senza pace del Duce – la Repubblica.it).

Va ricordato che la villa, costruita nel 1893 e ampliata dalla famiglia Mussolini negli anni ’30, dopo la guerra era passata in mano private e versava in condizioni di abbandono negli anni ’70 (Villa Mussolini – Wikipedia). Già nel 1979 l’amministrazione Pierani iniziò ad intervenire sull’area: vennero acquisiti e demoliti alcuni manufatti secondari (come una palazzina aggiunta negli anni ’40 e un ristorante abusivo adiacente) per ripristinare la viabilità e preparare il futuro parco (Villa Mussolini – Wikipedia). In città cresceva però il dibattito: molti cittadini riccionesi, pur lontani per idee politiche dal fascismo, erano contrari alla cancellazione di un pezzo di storia locale e nazionale legato al Ventennio. Secondo testimonianze, proteste e appelli partirono sia da Riccione sia da altre parti d’Italia per fermare la ruspa.
L’intervento di “Roma” e il blocco dell’abbattimento
Il progetto di abbattimento completo “non venne realizzato”, perché a fermarlo arrivò un provvedimento ufficiale da Roma (Villa Mussolini – Wikipedia). In particolare, il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali impose una tutela monumentale sulla villa: con decreto ministeriale del 13 ottobre 1980 l’ex Villa Mussolini fu dichiarata di interesse storico-artistico e vincolata dalla Soprintendenza competente ([PDF] Oggetto: Proposta di vincolo ai sensi della L. 1497/39 art. 1, LR 26 …). Questo atto – di fatto un ordine proveniente dalle autorità centrali – bloccò immediatamente qualsiasi ipotesi di demolizione. In sostanza, la villa venne salvata per via legislativa, grazie alla legge di tutela dei beni culturali, che ne impediva la distruzione o modifiche non autorizzate.
L’intervento di Cossiga?
Nella memoria popolare l’intervento fu attribuito addirittura al Presidente della Repubblica pro tempore Francesco Cossiga, ma in realtà fu la procedura di tutela ministeriale a salvare l’edificio. È possibile che l’eco mediatica e le pressioni dell’opinione pubblica abbiano favorito una moral suasion da parte di esponenti nazionali (Cossiga era Presidente dal 1985, quindi non ancora in carica nel 1980, ma all’epoca era comunque una figura di primo piano a livello governativo). Tuttavia, la documentazione storica conferma che fu il Ministero, tramite la Soprintendenza regionale, a emanare l’atto formale di vincolo ([PDF] Oggetto: Proposta di vincolo ai sensi della L. 1497/39 art. 1, LR 26 …). Da quel momento, qualsiasi lavoro sull’immobile doveva ottenere l’autorizzazione della Soprintendenza, scongiurando di fatto la demolizione.
L’anno e le fonti che confermano l’episodio
L’anno cruciale fu il 1980. Gli eventi si svolsero tra il 1979 (quando la giunta Pierani avviò l’iter per demolire) e il 1980 (quando intervenne il vincolo da Roma). Fonti giornalistiche dell’epoca e successive lo confermano chiaramente. Ad esempio, il quotidiano La Stampa nell’ottobre 1979 riportò l’intenzione del Comune di “radere al suolo” la villa del Duce, con dettagli sul progetto e i costi (Villa Mussolini – Wikipedia). Successivamente, nel giugno 1981, sempre La Stampa diede conto che la demolizione era stata scongiurata, evidenziando l’intervento della tutela statale (sebbene non nominata esplicitamente, veniva constatato che il piano non era andato in porto).

Una testimonianza indiretta ma significativa è stata raccolta nel 2005 da la Repubblica: in un articolo sulle polemiche per la riapertura della villa restaurata, si ricorda che “l’ex sindaco Terzo Pierani […] a suo tempo avrebbe demolito tutto”, a riprova che il suo progetto fu fermato da cause di forza maggiore (Riccione, la villa senza pace del Duce – la Repubblica.it). Inoltre, fonti locali riccionesi hanno documentato la vicenda: uno studio pubblicato nel 2008 (Villa Mussolini. Una finestra su Riccione di Concolino e Giannini) e articoli storici online riportano che nel 1980 la Villa fu posta sotto vincolo storico-architettonico dalla Soprintendenza, citando proprio il D.M. del 13/10/1980 (Villa Mussolini a Riccione: le polemiche politiche, la vera storia e i …). Anche l’Archivio fotografico Davide Minghini di Rimini contiene negativi datati 8 giugno 1980 descritti come “abbattimento ex Villa Mussolini” (ScopriRete | Archivio fotografico Davide Minghini, Busta 074, gennaio – giugno 1980), a testimonianza che vi fu effettivamente un tentativo di avviare i lavori di demolizione in quei mesi, interrotto sul nascere.
Il salvataggio di Villa Mussolini dalla demolizione negli anni ’80

In conclusione, sì, esiste un documento ufficiale (il decreto ministeriale del 13 ottobre 1980) che bloccò l’abbattimento della Villa Mussolini di Riccione. La demolizione era stata proposta dall’amministrazione comunale guidata da Terzo Pierani nel 1979, con l’idea di farne un parco pubblico e rimuovere un simbolo del fascismo. Fu però impedita dall’intervento delle istituzioni centrali, ovvero il Ministero dei Beni Culturali attraverso la Soprintendenza, che impose un vincolo di tutela sul bene storico. L’episodio ebbe luogo tra il 1979 e il 1980, e trova riscontro in numerose fonti d’archivio e giornalistiche dell’epoca, confermando che la villa fu salvata “in extremis” e in seguito preservata. Oggi infatti Villa Mussolini è ancora in piedi, restaurata e adibita a spazio culturale, proprio grazie a quella provvidenziale azione di tutela (Villa Mussolini – Wikipedia) ([PDF] Oggetto: Proposta di vincolo ai sensi della L. 1497/39 art. 1, LR 26 …).
In conclusione, sì, esiste un documento ufficiale (il decreto ministeriale del 13 ottobre 1980) che bloccò l’abbattimento della Villa Mussolini di Riccione. La demolizione era stata proposta dall’amministrazione comunale guidata da Terzo Pierani nel 1979, con l’idea di farne un parco pubblico e rimuovere un simbolo del fascismo. Fu però impedita dall’intervento delle istituzioni centrali, ovvero il Ministero dei Beni Culturali attraverso la Soprintendenza, che impose un vincolo di tutela sul bene storico. L’episodio ebbe luogo tra il 1979 e il 1980, e trova riscontro in numerose fonti d’archivio e giornalistiche dell’epoca, confermando che la villa fu salvata “in extremis” e in seguito preservata. Oggi infatti Villa Mussolini è ancora in piedi, restaurata e adibita a spazio culturale, proprio grazie a quella provvidenziale azione di tutela (Villa Mussolini – Wikipedia) ([PDF] Oggetto: Proposta di vincolo ai sensi della L. 1497/39 art. 1, LR 26 …).
Costruzione e Primi Proprietari (1893-1932)
Villa Mussolini nacque originariamente come Villa Margherita, una tipica residenza estiva affacciata sul mare a Riccione (Villa Mussolini – Wikipedia). L’edificio fu costruito nel 1893 accanto alla spiaggia da Ferdinando Mancini (riccionese), che l’anno successivo la vendette a Eugenia Beccadelli Grimaldi (Villa Mussolini – Wikipedia). In seguito la villa passò di mano più volte: ne divenne proprietario il conte Angeletti di Bologna, poi la acquistò la signora Albina Galli Bernabei (Villa Mussolini – Wikipedia). Villa Margherita era una costruzione su due piani con circa venti vani e un piccolo torrino, circondata da un ampio giardino che si estendeva fino al vicino Piazzale Roma e affacciata sull’allora viale Vittorio Emanuele III (oggi viale Milano) (Villa Mussolini – Palazzi, ville e teatri storici – Riccione) (Villa Mussolini – Palazzi, ville e teatri storici – Riccione).
Negli anni Venti la riviera romagnola divenne meta alla moda per personalità dell’epoca: Benito Mussolini stesso iniziò a frequentare queste spiagge, dapprima soggiornando a Cattolica (fino al 1925) e poi a Riccione (Villa Mussolini – Palazzi, ville e teatri storici – Riccione). Dal 1926 Mussolini affittò Villa Terzi nella zona sud di Riccione, mentre tra il 1927 e il 1931 la famiglia alloggiò al Grand Hotel Lido della città (Villa Mussolini – Palazzi, ville e teatri storici – Riccione). Fu all’inizio degli anni Trenta che Rachele Guidi, moglie di Mussolini, decise di cercare una villa di proprietà per le vacanze estive della famiglia. Individuò proprio Villa Margherita – la residenza di inizio ’900 della signora Galli Bernabei – come soluzione ideale, data la posizione tra viale Milano, i giardini centrali e l’attuale lungomare della Libertà (Villa Mussolini – Palazzi, ville e teatri storici – Riccione).
L’arrivo dei Mussolini: la Residenza Estiva del Duce (1934-1943)
Nei decenni del regime fascista la villa fu al centro della vita mondana e politica estiva della “Perla Verde” (soprannome di Riccione).
Nel 1932 la famiglia Mussolini prese Villa Margherita in affitto, e nel luglio 1934 Rachele Mussolini concluse l’acquisto della villa dalla proprietaria Galli Bernabei (Villa Mussolini – Wikipedia). L’operazione fu condotta direttamente da donna Rachele e finanziata in parte con fondi personali e in parte – secondo alcune fonti – grazie a una sottoscrizione promossa dal podestà di Riccione, Frangiotto Pullè, per onorare il Duce (Villa Mussolini – Palazzi, ville e teatri storici – Riccione). L’atto di compravendita fu formalizzato il 2 luglio 1934 per la somma di 170.000 lire (Villa Mussolini – Palazzi, ville e teatri storici – Riccione). Da quel momento Villa Margherita divenne la residenza estiva ufficiale di Benito Mussolini, di sua moglie Rachele e dei loro cinque figli, ruolo che mantenne sino al 1943 (Villa Mussolini – Wikipedia).
Vi soggiornarono ospiti illustri, gerarchi e diplomatici stranieri; vi si organizzarono ricevimenti, spettacoli e incontri riservati. Nell’agosto 1934 Villa Margherita ospitò ad esempio la vedova del cancelliere austriaco Dollfuss, Alwine, insieme ai figli Eva e Rudy (Villa Mussolini – Wikipedia). Nel 1940 Mussolini, attraverso il Comune di Riccione, acquisì anche vari terreni adiacenti per ampliare la proprietà fino a circa 6.000 m² (Villa Mussolini – Palazzi, ville e teatri storici – Riccione). Furono abbattuti alcuni villini vicini e interrotto un tratto di strada per costruire una dependance destinata alle famiglie dei figli Bruno e Vittorio, con 27 camere su tre piani, oltre a un campo da tennis e altre strutture nel parco (Villa Mussolini – Wikipedia) (Villa Mussolini – Palazzi, ville e teatri storici – Riccione). Contestualmente la villa principale venne sopraelevata di un piano e dotata di una veranda al piano terra, lavori finanziati in larga parte dal Ministero dell’Interno per oltre 6 milioni di lire. Si narra persino che nel 1940 vi fosse allestita una piccola sala proiezioni privata per vedere film proibiti dal regime (Villa Mussolini – Palazzi, ville e teatri storici – Riccione).
La presenza del Duce a Riccione ebbe anche risvolti drammatici per i suoi vicini di casa.
A pochi metri da Villa Margherita sorgeva una villa in mattoni rossi appartenente alla famiglia Matatia, ebrei originari di Corfù (Grecia) e facoltosi pellicciai attivi a Faenza e Forlì (Villa Mussolini – Wikipedia) (Petizione · Per cambiare nome a “Villa Mussolini” a Riccione – Israele · Change.org). Con le leggi razziali del 1938, le autorità fasciste iniziarono a considerare “indecente” la presenza di ebrei accanto alla dimora del Capo del governo. La famiglia Matatia subì pressioni e persecuzioni continue affinché lasciasse la propria casa: il capofamiglia Nissim Matatia fu infine costretto a lasciare Riccione ed a svendere la villa per una cifra irrisoria (Villa Mussolini – Wikipedia). Le conseguenze furono tragiche: nel novembre 1943 Nissim e il figlio maggiore Roberto vennero arrestati, seguiti il mese dopo dalla moglie Allegra ed i figli minori Beniamino e Camelia; deportati ad Auschwitz, solo Beniamino tornò vivo nel 1945 (Petizione · Per cambiare nome a “Villa Mussolini” a Riccione – Israele · Change.org). Questa vicenda dei “vicini scomodi” – come sono stati definiti in seguito – resta uno degli episodi più dolorosi legati a Villa Mussolini e al contesto storico in cui essa divenne residenza estiva del dittatore.
Negli anni della guerra, Mussolini continuò a soggiornare a Riccione nei mesi estivi fino al 1943. Episodi curiosi si intrecciano alla grande storia: ad esempio, il 22 giugno 1941 Galeazzo Ciano informò Mussolini proprio a Villa Margherita dell’inizio dell’Operazione Barbarossa (l’invasione tedesca dell’URSS) (Villa Mussolini – Wikipedia). Nell’estate del 1943, alla vigilia della caduta del fascismo, alcuni familiari del Duce (i figli Romano e Anna Maria con altri parenti acquisiti) si trovavano ancora in vacanza nella villa (Villa Mussolini – Wikipedia). Il 25 luglio 1943 Mussolini fu destituito a Roma mentre la sua famiglia era a Riccione, segnando di fatto la fine dell’epoca della villa come casa di villeggiatura del regime.
Dal Dopoguerra all’Abbandono e alla Rinascita (1945-2005)
Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, Villa Margherita (ormai legata indissolubilmente al nome di Mussolini) passò sotto il controllo pubblico. Nel 1945 la villa divenne proprietà del Demanio dello Stato (Villa Mussolini – Wikipedia). Negli anni immediatamente successivi, le autorità procedettero a eliminare le modifiche apportate durante il ventennio: nel 1946-1948 furono demoliti la grande palazzina aggiunta nel 1940 e il patio, ripristinando la viabilità originale (riapertura del tratto di strada che era stato chiuso per l’espansione) (Villa Mussolini – Wikipedia). L’obiettivo era far tornare l’area all’assetto urbano pre-fascista.
Nel dopoguerra emersero anche dispute sulla proprietà originaria: Albina Galli Bernabei – l’ex proprietaria che aveva venduto la villa a Rachele nel 1934 – divenne sindaco di Riccione nel secondo dopoguerra e tentò di riottenere la villa sostenendo la nullità o l’irregolarità della vendita avvenuta sotto il regime (Villa Mussolini – Palazzi, ville e teatri storici – Riccione). Tuttavia Rachele Mussolini riuscì a dimostrare di aver pagato regolarmente l’acquisto, e la villa rimase allo Stato. In quegli anni la dimora perse importanza e cadde in declino: cessato il ruolo simbolico di “casa del Duce”, Villa Margherita visse decenni di utilizzo marginale o di abbandono.
A partire dal 1966 la villa fu data in concessione d’uso come ristorante.
Funzione che mantenne fino al 1983 (Villa Mussolini – Wikipedia). Col tempo però la struttura si degradò. Nel 1979 la giunta comunale di sinistra guidata dal sindaco Terzo Pierani (PCI) arrivò a proporre l’abbattimento completo della villa, per cancellarne il ricordo e farne un parco pubblico (Villa Mussolini – Wikipedia). Il progetto prevedeva un indennizzo ai proprietari e un costo di circa 199 milioni di lire (Villa Mussolini – Wikipedia). Tuttavia questa proposta drastica non si concretizzò, probabilmente a causa di resistenze culturali e di costi. La villa rimase dunque in piedi, sebbene fatiscente: all’inizio degli anni ’80 versava in condizioni di rudere.
La svolta arrivò negli anni ’90, quando l’associazione locale “Amici di Riccione” cominciò a sensibilizzare sull’importanza del recupero dello storico edificio (Villa Mussolini – Palazzi, ville e teatri storici – Riccione). Nel 1997 la Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini acquistò Villa Margherita e la cedette in comodato gratuito al Comune di Riccione (Villa Mussolini – Wikipedia) (Villa Mussolini – Palazzi, ville e teatri storici – Riccione). L’amministrazione comunale si impegnò quindi a restaurare l’immobile per restituirlo alla collettività. Non tutti erano favorevoli: alcuni settori dell’opinione pubblica e della politica locale ritenevano che la casa del Duce dovesse essere dimenticata, non recuperata. Nonostante le polemiche, il sindaco Daniele Imola (Democratici di Sinistra) stanziò fondi comunali (750.000 €, più 250.000 € dalla Provincia) per il restauro, che partì nei primi anni 2000 (Villa Mussolini – Wikipedia).
La nascita del nome “Villa Mussolini” e le prime polemiche (2005)
(File:Riccione – Villa Mussolini 2011.jpg – Wikimedia Commons) Villa Mussolini a Riccione dopo il restauro (foto del 2011). Nel luglio 2005 la villa restaurata fu finalmente inaugurata e riaperta al pubblico come spazio culturale polivalente. In questa occasione, con una decisione destinata a far discutere, l’amministrazione comunale ribattezzò ufficialmente Villa Margherita come “Villa Mussolini”, trasformandola in sede per mostre, eventi e iniziative culturali (Villa Mussolini – Wikipedia). La scelta di ripristinare nel nome il cognome del dittatore intendeva probabilmente riconoscere la rilevanza storica del luogo e attirare interesse turistico, ma suscitò immediatamente controversie sia a livello locale sia nazionale.

All’inaugurazione del 2005 non mancò una forte dialettica politica.
Paradossalmente fu proprio la sinistra (alla guida del Comune) a essere dilaniata dalle polemiche interne: alcuni esponenti dei DS e di Rifondazione Comunista criticarono aspramente la decisione di dare risalto al nome di Mussolini (Villa Mussolini – Wikipedia). L’invito ufficiale rivolto dal sindaco Imola a Romano Mussolini (figlio minore del Duce) per presenziare alla cerimonia fece traboccare il vaso: assessori di sinistra annunciarono boicottaggio e l’ANPI locale organizzò un presidio antifascista il giorno dell’inaugurazione. L’ex sindaco comunista Terzo Pierani, colui che decenni prima avrebbe preferito demolire tutto, dichiarò che “mai e poi mai” avrebbe invitato la famiglia Mussolini. Le associazioni partigiane espressero contrarietà e proposero provocatoriamente di insediare proprio in quella villa la loro sede, a monito perenne. D’altro canto, alcuni esponenti della destra estrema e nostalgica colsero l’evento per celebrare a loro modo: Alessandra Mussolini (nipote del Duce) si congratulò ironicamente con il sindaco definendolo “un vero democratico”, mentre il movimento neofascista Forza Nuova addirittura elogiò Imola per il “politico acume” dimostrato nell’aver restaurato la casa del Duce. Insomma, la riapertura fece riesplodere antiche divisioni: la giunta riccionese dovette precisare che la villa non sarebbe divenuta un “sacrario” del Ventennio, ma piuttosto un luogo dedicato alla storia del turismo locale e ad attività culturali contemporanee (Riccione, la villa senza pace del Duce – la Repubblica.it).

Dal 2005 in poi, Villa Mussolini (come ormai veniva ufficialmente chiamata) ha ospitato mostre fotografiche, eventi artistici, iniziative pubbliche e persino cerimonie come matrimoni civili. La sua duplice identità – edificio storico legato al fascismo ma anche spazio pubblico della Riccione odierna – ha continuato a sollevare dibattiti su quale memoria valorizzare e come rapportarsi criticamente al passato.
Proposte di cambio del nome della villa (2018 – oggi)
Negli ultimi anni sono emerse ripetute proposte per rimuovere il nome di Mussolini dalla villa e ripristinare la vecchia denominazione o intitolarla ad altri. Tali iniziative nascono dal desiderio di de-fascistizzare il luogo, percependo la presenza del nome del dittatore su un bene pubblico come un’inappropriatezza storica e morale. Di seguito alcune delle principali proposte e posizioni emerse:
- Ripristino di “Villa Margherita”: Nel 2018 le Donne del Partito Democratico di Riccione lanciarono un appello pubblico affinché Villa Mussolini tornasse al suo nome originario. Denunciarono come inaccettabile utilizzare la “villa del Duce” per eventi lieti (come i matrimoni civili) mantenendo quel nome, che «evoca un luogo di morte» e di dolore). La protesta esplose dopo che l’allora sindaca Renata Tosi (centro-destra) aveva celebrato il boom di richieste di nozze nella villa definendola fieramente “la villa del Duce”. Le esponenti PD trovarono tale frase “inaccettabile e offensiva”, ricordando come a pochi metri di distanza vi sia Casa Matatia (la casa dei vicini ebrei poi deportati) e sottolineando che in Germania luoghi e simboli legati al nazismo sono stati eliminati, non certo onorati. La loro proposta: togliere il nome Mussolini e far sì che quella casa torni a chiamarsi Villa Margherita, diventando “un luogo di unione, un fiore di amicizia e solidarietà” invece che un macabro richiamo al passato (Rimini, boom di nozze a Villa Mussolini, le donne del Pd: “Cambiate quel nome” – la Repubblica).
- Petizione popolare (2020): Nel 2020 un gruppo di cittadini promosse una petizione online su Change.org per cambiare il nome di Villa Mussolini. Nella petizione venivano ripercorsi i fatti storici (la costruzione nel 1890-93, l’acquisto da parte di Rachele Mussolini nel 1934) e in particolare la tragedia della famiglia Matatia, definita “fardello nefasto” legato a quel luogo. L’appello concludeva: “Facciamo in modo che Villa Margherita sia liberata dal fardello di quel nome e torni ad essere Villa Margherita” (Petizione · Per cambiare nome a “Villa Mussolini” a Riccione – Israele · Change.org). La petizione raccolse alcune centinaia di firme (oltre 600) e diede vita anche a un affollato gruppo Facebook di sostenitori (oltre 1.500 iscritti) deciso a “restituire il nome originario” alla villa (“Non va cambiato il nome alla storica Villa Mussolini”).
- Posizione di ANPI e associazioni antifasciste: L’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) ha appoggiato le richieste di rinominare la villa, ritenendo doveroso dopo oltre 70 anni togliere dall’intitolazione il nome del dittatore. Secondo l’ANPI, Riccione dovrebbe onorare piuttosto la memoria della famiglia Matatia, i “scomodi vicini di casa del Duce” vittime delle leggi razziali (Revocare il nome a villa Mussolini, Colombo (FdI) – RiminiToday) (Revocare il Nome a Villa Mussolini Colombo Fdi i Veri Nostalgici …). In quest’ottica, alcuni hanno proposto di intitolare direttamente la villa ai Matatia (ad esempio “Villa Matatia”), oppure di dedicare loro un luogo simbolico in città (targa o giardino) contestualmente alla rimozione del nome Mussolini. Proposte simili sono in linea con iniziative già adottate in comuni vicini: a Misano Adriatico è stata intitolata una piazzetta alla famiglia Matatia, a Forlì una scuola porta il nome di Camelia Matatia (una delle figlie di Nissim), e a Bologna un giardino pubblico ricorda la stessa Camelia (“Non va cambiato il nome alla storica Villa Mussolini”).
- Contrarietà e invito a contestualizzare (esponenti PD locali, 2020): In modo inaspettato, nel 2020 arrivò una voce controcorrente proprio dal fronte progressista. Il segretario del PD di Riccione Alberto Arcangeli “spiazzò tutti” dichiarando che “non va cambiato il nome alla storica Villa Mussolini”, prendendo le distanze dalla petizione online (“Non va cambiato il nome alla storica Villa Mussolini”). Arcangeli argomentò che quella casa, “nel bene e nel male, ci riporta alla nostra storia”, che ha resistito al tempo e alle tentazioni di demolizione, conservando la propria identità. A suo avviso cancellare il nome sarebbe un errore, poiché “la storia sia maestra di vita” e rimuovere una targa non elimina il passato né i suoi insegnamenti. Il segretario PD suggerì invece di ricordare in modo attivo gli anni bui e i vicini ebrei: ad esempio dedicando alla famiglia Matatia una strada, una rotatoria o un edificio pubblico di Riccione. Propose anche una soluzione di compromesso: lasciare il nome Villa Mussolini ma intitolare il giardino antistante ai Matatia, coinvolgendo la Fondazione proprietaria per approvazione. Le parole di Arcangeli aprirono un dibattito acceso tra i cittadini, con opinioni contrapposte sui social network e nei media locali. Emersero dunque due visioni diverse nel campo antifascista: da un lato chi vuole rimuovere simbolicamente il nome del dittatore per segnare una discontinuità etica, dall’altro chi preferisce mantenere il nome storico come monito e occasione didattica, accompagnandolo però da iniziative che ricordino le vittime del regime.
In sintesi, il nome “Villa Mussolini” continua tuttora a dividere: c’è chi lo vive come un’offesa alla memoria delle vittime del fascismo e al decoro democratico della città, e chi invece teme che cambiandolo si faccia una sorta di “damnatio memoriae” poco utile a comprendere la storia. Nel frattempo la villa resta regolarmente in uso per eventi: ciò costringe l’amministrazione a confrontarsi periodicamente con queste sensibilità ogni volta che il passato torna alla ribalta (ad esempio in occasione della Festa della Liberazione del 25 aprile).
Il dibattito sulla cittadinanza onoraria del 1923: revoca sì o no?
Oltre alla questione del nome della villa, a Riccione è in corso un acceso dibattito sulla cittadinanza onoraria che il Comune conferì a Benito Mussolini nel 1923. Si tratta di un riconoscimento simbolico risalente all’anno successivo alla Marcia su Roma (quando molte città, in pieno clima di regime nascente, concessero cittadinanze onorarie al Duce). Nel contesto attuale, quella vecchia delibera viene messa in discussione: in molti ritengono inconciliabile mantenere un’onorificenza al dittatore fascista nell’albo cittadino. Di seguito i principali attori e le posizioni emerse in questo dibattito del 2025:
- ANPI (Associazione Partigiani) – favorevole alla revoca: È stata l’ANPI di Rimini/Riccione a sollecitare formalmente il Comune a revocare l’atto del 1923 che conferì la cittadinanza a Mussolini. L’ANPI vede in questa revoca un atto dovuto di condanna storica del fascismo e ha chiesto che venisse approvato entro il simbolico termine del 25 aprile 2025 (80º anniversario della Liberazione) per dare un segnale chiaro.
- Amministrazione comunale (maggioranza di centro-sinistra): Il sindaco Daniela Angelini e il gruppo Partito Democratico si sono detti favorevoli alla revoca, facendosi carico della richiesta ANPI. “Recepiamo la richiesta dell’ANPI e la facciamo nostra”, ha dichiarato la capogruppo PD Gloria Fabbri, esprimendo rammarico per non essere riusciti a portarla al voto prima del 25 aprile, ma decisi a riproporla a maggio. All’interno della coalizione di maggioranza, la lista Riccione Coraggiosa (sinistra) si è schierata compattamente a favore: “Per noi è un voto scontato” ha detto il consigliere Romeo Sperindio, ribadendo la determinazione a revocare quell’onore al Duce (Caso Mussolini, vota solo la sinistra. FdI: “Non si censura la memoria”).
- Alleati di maggioranza esitanti: La maggioranza che governa Riccione è eterogenea e non tutti i suoi componenti vedono di buon occhio l’operazione. In particolare la lista civica “Riccione 2030” ha espresso contrarietà alla revoca. Il capogruppo Lazzaro Righetti ha argomentato la posizione astensionista sostenendo che “la storia non si corregge” a posteriori e che l’antifascismo odierno va praticato quotidianamente nei valori e nei comportamenti, non attraverso atti simbolici retroattivi. Secondo Righetti, “essere antifascisti, oggi, non è correggere simbolicamente il passato, ma credere nella Costituzione e nella cultura democratica ogni giorno”. Anche altre liste civiche di centro (ad es. Riccione col Cuore e Riccione Contemporanea) paiono orientate su posizioni simili, più vicine a Riccione 2030 che al PD, temendo che riaprire vecchie ferite storiche possa dividere inutilmente invece di educare. Di fatto, la maggioranza non dispone da sola dei numeri certi per approvare la revoca se uno o più gruppi interni votassero contro o si astenessero (Caso Mussolini, vota solo la sinistra. FdI: “Non si censura la memoria”).
- Opposizione di centro-destra – contraria alla revoca: I gruppi di opposizione (civiche di centro-destra e Fratelli d’Italia) si sono mostrati fermamente contrari a revocare la cittadinanza onoraria di Mussolini. Fabrizio Pullè, segretario delle liste civiche d’opposizione, ha dichiarato che quella proposta “non andrebbe nemmeno portata in consiglio”, trattandosi di un atto vecchio di 102 anni che ormai appartiene alla storia. Egli ha aggiunto che, piaccia o meno, “Mussolini ha contribuito allo sviluppo della città di Riccione” negli anni Trenta, lasciando intendere che cancellarne simbolicamente il nome sarebbe ingiusto oltre che inutile. Sulla stessa linea Fratelli d’Italia, il partito leader dell’opposizione: l’on. Beatriz Colombo (deputata riccionese di FdI) ha condannato la possibile revoca definendola un “rituale dibattito” ideologico che si ripete ogni anno in vista del 25 aprile. Colombo ha affermato: “Questo tipo di revisionismo non serve a nulla. Non cambia la storia, non la migliora, e soprattutto non educa” . A suo avviso nascondere o rimuovere simboli del passato fascista (come rinominare la villa o cancellare vecchie cittadinanze) è “solo una forma di rimozione” che non aiuta a superare il passato, quasi come se bastasse “nascondere i segni per superare il passato”. In un comunicato dai toni molto duri, la consigliera (e parlamentare) Colombo ha addirittura ribaltato l’accusa di “nostalgia”, sostenendo che “a distanza di quasi 80 anni, sembra paradossale che i veri nostalgici siano proprio quelli che ogni anno tornano a proporre queste battaglie simboliche”, anziché pensare ai problemi reali della città. La sua conclusione: “Riccione ha bisogno d’altro. La memoria va compresa, non censurata” (Colombo (FdI): “La città ha bisogno di altro, non di battaglie simboliche”).
Il consiglio comunale di Riccione dovrà dunque decidere sullo “strappo” di ritirare un’onorificenza concessa in epoca fascista.

Non si tratta di un caso isolato – numerosi comuni italiani negli ultimi anni hanno revocato cittadinanze onorarie a Mussolini con intenti simbolici – ma ogni città vive la vicenda secondo le proprie sensibilità politiche. A pochi chilometri di distanza, ad esempio, il Comune di San Clemente (RN) ha recentemente revocato la cittadinanza a Mussolini (concessa nel 1924) contestualmente attribuendone una alla memoria di Giacomo Matteotti, martire antifascista. Riccione potrebbe seguire un approccio simile: la capogruppo PD Fabbri ha ipotizzato di conferire la cittadinanza onoraria ai Fratelli Cervi (simboli della Resistenza) qualora venisse tolta a Mussolini (Caso Mussolini, vota solo la sinistra. FdI: “Non si censura la memoria”). Queste soluzioni mirano a “sostituire” un simbolo negativo con uno positivo, trasformando un atto di revoca in un’occasione di memoria condivisa.
Nel frattempo, la questione ha già avuto l’effetto di spaccare la maggioranza e compattare l’opposizione su fronti opposti. Il rischio di tensioni politiche è evidente, ma anche l’opportunità di un dibattito pubblico sulla memoria storica. Le pagine de Il Resto del Carlino del 23 aprile 2025 hanno dato ampia eco alla vicenda, riportando le posizioni in campo e sottolineando come “il caso Mussolini spacca la maggioranza, e unisce l’opposizione” in consiglio. Nello stesso articolo vengono citate sia le argomentazioni dei favorevoli alla revoca (ANPI e centrosinistra) sia quelle dei contrari: emblematiche le parole di Colombo che bolla l’iniziativa come “revisionismo” inutile e ribadisce che “la memoria ha bisogno di essere compresa, non censurata” (Caso Mussolini, vota solo la sinistra. FdI: “Non si censura la memoria”).
Fonti
- Documentazione storica: Archivio Comune di Riccione; Anna Maria Nives Concolino & Marina Giannini, “Villa Mussolini: Una finestra sul Novecento” (Guaraldi, 2005).
- Giornali e periodici: Il Resto del Carlino – ed. Rimini (articoli del 2 ago 2020 e 23 apr 2025) (“Non va cambiato il nome alla storica Villa Mussolini”) (Caso Mussolini, vota solo la sinistra. FdI: “Non si censura la memoria”); la Repubblica – Bologna (7 set 2018) (Rimini, boom di nozze a Villa Mussolini, le donne del Pd: “Cambiate quel nome” – la Repubblica); La Repubblica – archivio (17 lug 2005) (Riccione, la villa senza pace del Duce – la Repubblica.it); RiminiToday (22 apr 2025); Altarimini.it (22 apr 2025) (Ipotesi revoca cittadinanza onoraria di Riccione a Mussolini, stop di Fratelli d’Italia).
- Testimonianze e approfondimenti: Roberto Matatia, “I vicini scomodi” (Giuntina, 2014) – memorie della famiglia Matatia; Change.org – petizione “Per cambiare nome a Villa Mussolini a Riccione” (luglio 2020) (Petizione · Per cambiare nome a “Villa Mussolini” a Riccione – Israele · Change.org).
- Documenti archivistici e articoli su La Stampa (1979-1981) (Villa Mussolini – Wikipedia); archivio Soprintendenza (D.M. 13/10/1980) ([PDF] Oggetto: Proposta di vincolo ai sensi della L. 1497/39 art. 1, LR 26 …); testimonianze riportate da la Repubblica (17 luglio 2005) (Riccione, la villa senza pace del Duce – la Repubblica.it) e dalla stampa locale. (Ulteriori riferimenti: Concolino & Giannini 2008, Villa Mussolini: una finestra su Riccione).